“Roy Lichtenstein. A Centennial Exhibition”, il piacere dell’arte

“Roy Lichtenstein. A Centennial Exhibition”, il piacere dell’arte

La pittura impersonale di Lichtenstein. All’Albertina la retrospettiva pop dell’artista fino al 14 luglio 2024

Vienna. Il Museo Albertina, in occasione del centenario della nascita dell’artista, celebra Roy Lichtenstein (1923 – 1997, New York), con un’ampia retrospettiva. Roy Lichtenstein A Centennial Exhibition riunisce oltre novanta dipinti, sculture e stampe. L’artista, insieme ad Andy Warhol, è uno dei fondatori della Pop Art, unendo la Low Art e l’High Art e, insieme a Warhol e Jackson Pollock, è considerato uno degli artisti americani più influenti e importanti del XX secolo. Ma se Warhol attingeva dall’habitat metropolitano e tecnologico enfatizzato dalla pubblicità, Lichtenstein attingeva dal mondo del fumetto e dalla tecnica di stampa industriale.

allestimento

Nella capitale austriaca, sono esposti i capolavori di collezioni private e importanti musei europei e statunitensi. I capolavori dell’artista sono arrivati all’Albertina da tutto il mondo grazie alla generosità di collezionisti privati e di istituzioni internazionali tra cui il Museum of Modern Art e il Whitney Museum di New York, la National Gallery of Art di Washington, la Yale University Art Gallery di New Haven, il Museo Ludwig di Colonia, il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebæk, il Moderna Museet di Stoccolma e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid.

Lichtenstein
Temple of Apollo Billboard Poster, 1967

Il progetto di questa importante retrospettiva è nato dalla collaborazione tra il Museo Albertina e la Roy Lichtenstein Foundation, La Fondazione ha donato generosamente al Museo viennese circa cento opere di Roy Lichtenstein (altre opere dell’artista sono state donate a istituzioni statunitensi).
Accattivante l’allestimento sin dall’ingresso alla mostra. Si scende con una scala mobile mentre sulla parete scorrono le foto dell’artista. Sembra di percorrere fisicamente la discesa proposta da Lichtenstein verso la Low Art per poi alla fine, in uscita, tornare verso l’High Art.
L’artista è famoso per le sue pin-up, gli eroi di guerra e i protagonisti di comics. La sua estetica fumettistica, i colori primari, le linee definite e soprattutto l’suo del retino (i punti di Ben Day,) sono la sua cifra stilistica.

Lichtenstein
Girl in Bath, 1963

Negli anni Sessanta la televisione, il cinema e la pubblicità hanno omologato comportamenti e stili nella società. Mettendo in competizione l’immagine riprodotta meccanicamente con quella reale fino a superarla. Al cospetto di queste opere ci si chiede se questa operazione di riproduzione comportasse anche un giudizio critico. Si innesca un circuito interattivo con cui si attinge ad aree popolari (moda, pubblicità, costume e fumetti) con cui l’opera finale si confonde. Lichtenstein riconverte l’arte in un linguaggio popolare (pop-ular), in termini in cui la gente comune (low culture) poteva comprendere e riconoscersi. Anche in questo consiste il piacere estetico di questa mostra, le opere che sfilando davanti i nostri occhi sono riconoscibili, familiari e in qualche modo risuonano nel nostro vissuto.

Lichtenstein
Drowning Girl, 1963

Se il mercato e il capitalismo hanno ridotto l’arte a merce perchè non celebrarla, rendendola in tal modo popolare e democratica? Del resto Lichtenstein si opponeva al disprezzo della cultura d’élite nei confronti del kitsch, un elemento dell’arte popolare. Lui è stato il primo a utilizzare tecniche di riproduzione industriale, usate per raffigurazioni comprensibili a chiunque. Allo stesso tempo l’artista affermava: “Per la verità non intendo trasmettere messaggi. Non sono interessato a divulgare tematiche che insegnino qualcosa alla gente, o che cerchino, in qualche modo, di migliorare la società”. Così il compito dell’artista sembrerebbe soltanto quello di riscontrare i fatti, di essere un testimone.

Lichtenstein
Look Mickey, 1961

I soggetti dei dipinti di Lichtenstein si riferiscono quasi sempre a immagini preesistenti, come i cartoni animati. Del resto nel fumetto si rintracciano tutti i topoi dell’immaginario americano: amore, guerra e avventura. Così l’artista isola, come in un fotogramma bloccato, il disegno di una strip e monumentalizza i protagonisti dei comics.

Lichtenstein
Blonde, 1965, ceramica dipinta e smaltata

La sua attitudine a esercitare uno sguardo “freddo” e distaccato deriva dall’insegnamento, alle Belle Arti, di Hoyt L. Sherman che proiettava ai suoi alunni immagini in un’aula buia e questi dovevano riprodurla a memoria nella sua oggettività, senza alcun significato psicologico o emozionale. In tal modo non c’erano immagini più o meno degne di essere rappresentate.

Lichtenstein
Hopeless, 1963

La selezione delle opere esposte va dalle celebri icone della Pop Art degli anni Sessanta alle sue appropriazioni di Topolino e dei fumetti romantici o bellici fino alle più famose pubblicità. LookMickey! (122 x 176) è una grande tela a olio, come un’opera di arte “alta”, e in cui ogni elemento è riconoscibile: i protagonisti sono Paperino e Topolino. I loro occhi sono trattati, segnale premonitore, con il retino tipografico. L’adozione del retino indica che l’analisi dell’artista si è spostata dentro l’immagine, nella sua genesi. Il fine era che l’immagine sembrasse il più possibile una riproduzione tipografica. A tal fine usava una rete metallica con il disegno a traforo. Una tecnica con cui raggiungeva la spersonalizzazione dell’immagine.

Lichtenstein
Little Aloha, 1962

Il confronto è con gli stereotipi dei modelli di femminilità e mascolinità costruiti dall’industria dei prodotti di consumo del dopoguerra. Ma allo stesso tempo iniziano a emergere anche le proteste dei movimenti americani femministi, o quelli contro la guerra del Vietnam o contro il nucleare.

Lichtenstein
Kiss with Cloud, 1964

L’arte di Lichtenstein è ricca di temi, materiali e varietà espressiva. Questa ricchezza artistica trova ampio spazio in questa retrospettiva viennese dedicata all’artista. Oltre ai suoi dipinti anni Sessanta sono esposte anche le sue opere iconiche in bianco e nero raffiguranti oggetti tratti dalla pubblicità di prodotti di consumo, oltre a paesaggi realizzati con l’uso dello smalto.

Roy
Setting Sun and Sea, 1964, porcellana smaltata su acciaio perforato

I puntini del retino (di Ben Day), che Lichtenstein applica sulla tela tramite stencil (operazione delegata dal 1963 ai suoi assistenti), diventano il suo linguaggio pittorico. Per comporre le sue immagini usa i punti ingranditi presi in prestito dalla stampa industriale a basso costo, imitando le tecniche di stampa dei fumetti economici Soggetti che non sembrano artisticamente degni vengono trasformati in opere d’arte armoniche ed esteticamente belle. L’ambivalenza tra originale e copia, tra opera d’arte e riproduzione è il fil rouge della sua arte.

Roy
Modern Tapestry, 1967 – 1973

Già nel 1960 era riuscito ad elevare il fumetto, un linguaggio universale, a opera d’arte. Dal 1962, anno in cui Leo Castelli gli dedica una mostra personale, iniziò a usare colori acrilici al posto di quelli ad olio. Portava all’interno delle gallerie e dei musei un immaginario visivo estraneo, fino ad allora, all’arte. Non si trattava di semplici copie ma di un’appropriazione critica e ironica. Allo stesso tempo metteva in risalto la mancanza di significati profondi dei mass media.

Roy
Maquette for the Mermaid Fountain, Miami Beach, 1978

Forse le opere che colpiscono di più di questa mostra sono forse quelle meno note dell’artista come le sculture. Di queste Lichtenstein ha dichiarato: “Mi piace fingere che la mia arte non abbia nulla a che fare con me”». Fin dagli anni Cinquanta usava legno, ferro e ceramica ma si trattava di materiali inseriti sulla tela o piccoli totem di legno. Solo negli anni Sessanta realizzò delle vere e proprie sculture. In queste sembra sovvertire la concezione di spazio: quello che in pittura è visto prospetticamente nelle sculture viene appiattito, reso bidimensionale. In Blonde rende visibile il retino, era “interessato a mettere simboli bidimensionali in un oggetto tridimensionale”.

Roy
Study for Blue Floor, 1990

Il visitatore diventa complice della finzione messa in scena dall’artista. Sappiamo che le lacrime versate in Drowning Girl diventano un gorgo di onde il cui riferimento, come ammesso dallo stesso Lichtenstein, è la grande onda di Hokusai. Per questo il suo dolore kitsch non coinvolge.

Roy
Notebook, 1970s – 1990s

Nelle sue rielaborazioni Lichtenstein non trascura le opere dell’arte alta (Picasso, Claude Monet e architetture classiche) ponendole, con un percorso verso il basso, al livello dei fumetti o della pubblicità. In tal modo l’arte perde la sua sacralità, scende dal piedistallo ed entra nella realtà quotidiana. Tutto questo secondo un percorso, in fondo circolare, in cui si eleva il basso e si degrada ciò che è alto.Così il tempio classico, in Temple of Apollo Billboard Poster, si confronta necessariamente con la tecnica della riproduzione.

Roy
Roy Lichtenstein

Della sua serie dei “mirrors (circa cinquanta esemplari) in mostra cè Mirror #4(48″). Straordinario il suo tappeto ricco di riferimenti artistici classici, liberty e l’irrinunciabile retino. Particolarmente interessante il suo notebook con i ritagli dei fumetti raccolti e conservati dall’artista come fonte di ispirazione. Oltre il godimento estetico e una riflessione sull’arte di Lichtenstein la mostra, grazie alla sua completezza e al suo allestimento, offre ai visitatori un itinerario piacevole e ludico.
La mostra, organizzata in collaborazione con la Roy Lichtenstein Foundation, sarà visitabile fino al 14 luglio 2024.

Informazioni

Albertina
Indirizzo: Albertinaplatz 1 1010 Vienna
Periodo: fino al 14 luglio 2024
Orari: Tutti i giorni dalle 10 alle 18 – mercoledì e venerdì dalle 10 alle 21
Acquisto biglietti online Intero: 19,90 – Ridotto 15,90

Antonella Cecconi

Viaggi-cultura dipendente. Amo raccontare luoghi, persone, arte e culture. Innamorata dell'orizzonte non potrei vivere senza nuove destinazioni, arte, mare e la mia porta per l'altrove: i libri. I regali più graditi: un biglietto per un viaggio o un libro. Segni distintivi: una prenotazione in tasca, un libro nell'altra e un trolley accanto al letto. antonella@nomadeculturale.it

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